Learner Engagement: 8 trucchi per migliorarlo

Cosa si può chiedere alla formazione aziendale? Di certo che i suoi contenuti siano utili, funzionali, comunicati in modo semplice e organizzati in un percorso efficace e, se possibile, divertente. Ma in cima a tutto, le si deve chiedere di coinvolgere l’utente durante la fruizione e di evitare che abbandoni il percorso formativo appena iniziato, una volta concluso il primo corso. Come possiamo renderlo possibile così da assicurarci un potenziamento del learner engagement?

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Sommario

Conoscere il target

Primariamente bisogna lavorare sul proprio target. Può sembrare scontato ma un’indagine ragionata e ben condotta ci permette di rifinire il corso in tutti i suoi elementi.

Perché sia efficace, l’indagine dovrebbe concentrarsi anche sugli aspetti:

  • Emotivi: cosa interessa al nostro target, cosa lo annoia, cosa lo stupisce o lo cattura;
  • Cognitivi: se ha buona o cattiva memoria, se riesce a concentrarsi oppure no;
  • Comportamentali: come interagisce con l’interfaccia, cosa clicca maggiormente, quali aspetti catturano la sua attenzione, su quali passaggi si sofferma.

Si tratta di dati la cui raccolta in parte precede la realizzazione del corso (sulla base di quelli sviluppati in precedenza e con lo stesso target di riferimento) e in parte può essere frutto di monitoraggio e tracciamento dell’esperienza, con lo scopo di validare le scelte fatte e/o di apportare eventuali modifiche successive.

Potenziare l’immersività

Abbiamo già parlato dell’importanza di un buono storytelling e di elementi di gamification  per la riuscita di un corso, ma non sarà mai sufficiente. Entrambi aiutano a potenziare l’immersività e sappiamo bene come questo faciliti il raggiungimento dell’outcome formativo. Storytelling e gamification, però, non sono le uniche due componenti che concorrono. Un aspetto molto importante da considerare è quello grafico: dallo stile delle immagini, che si deve accordare con la narrazione, all’interfaccia grafica, che deve contribuire a rendere la User Experience piacevole, semplice e intuitiva; così da essere in linea con il resto degli elementi, ma allo stesso tempo non ostacolare immersività e fruizione.

Stimolare una sana competizione

Quando pensiamo alla motivazione dell’utente non dobbiamo sottovalutare un fattore molto efficace: la competitività. Ovviamente parliamo della competitività sana che fa bene all’azienda e che passa principalmente per due canali:

  • La piattaforma LMS
    Gamificare un LMS da un lato incentiva la formazione continua e spontanea, dall’altro crea competizione tra gli utenti, grazie a un circuito fatto di avanzamenti, reward, badge e graduatorie;
  • La comunicazione nella intranet aziendale
    Condividere i propri successi con i colleghi sicuramente può invogliarli a tuffarsi in qualche corso in più, per curiosità o per spirito di competizione. Questa spinta può arrivare anche dall’alto, ad esempio se la intranet prevede uno spazio apposito in cui mettere in risalto gli utenti che hanno conseguito particolari risultati, aspetto che concorre anche a gratificare i loro sforzi.
teamwork

Invogliare l'utente ancora di più

Se l’utente capisce che il corso è importante per la sua crescita personale allora sarà invogliato a seguirlo e, anzi, si sentirà incentivato a farlo.

Questa carica motivazionale può essere accentuata anche dal modo in cui viene presentato. Meglio evitare formule come: “Devi completare il corso per”, che lo faranno sentire obbligato e penalizzeranno la sua esperienza. Preferire piuttosto: “Questo corso ti aiuterà a migliorare le seguenti skill / comprendere importanti procedure che semplificheranno il tuo lavoro / crescere lavorativamente / lavorare meglio e più in fretta”.

Garantire una prassi per l’apprendimento

Oltre a tutti gli stratagemmi legati al mondo del gioco e ai possibili ampliamenti mutuati dalla gamification, esistono altre modalità di sollecitazione dell’utente verso i percorsi di apprendimento.

Si possono inviare delle email post-percorso formativo come follow-up o anticipazione dei contenuti del modulo successivo, così come di altri corsi sulla base di quelli già seguiti.

Esistono anche alcune piattaforme che consentono all’utente di prendere appunti in corso d’opera, in modo da facilitare l’assimilazione degli argomenti e creare una continuità, contenutistica e motivazionale per i momenti di apprendimento successivi.

Accorgimenti che risultano ancora più efficaci, ovviamente, se vanno ad affiancare una solida scelta metodologica: la simulazione e lo storytelling si prestano al gioco, calando l’utente all’interno di un ambiente che lo invita a prendere decisioni che lo riguardano per il conseguimento degli obiettivi definiti.

E learning trend Frog Learning

Mettere l’utente sempre più al centro

La centralità dell’utente, ne abbiamo parlato più volte, non si limita alla sola fruizione del corso o alla sua progettazione. L’utente va considerato centrale anche quando si pensa a come comunicargli il corso e la sua importanza.

Spesso, infatti, in questi casi si fa leva sul miglioramento delle performance lavorative, ma si tratta però di un miglioramento di cui beneficia principalmente l’azienda. Il focus, invece, dovrebbe spostarsi (almeno in parte) su ciò che il corso può offrire all’utente: possibilità di arricchimento personale, di crescita e di perfezionamento. Solo in seconda battuta, e come conseguenza, questo diventa un fattore positivo per l’azienda.

Progettare con transmedialità

Una delle modalità di progettazione più utilizzate per aumentare il learner engagement nel corso è quella del microlearning. Per fare in modo che questa raggiunga il suo massimo potenziale, però, è bene affiancargli un sapiente uso della transmedialità.

Alternare le tipologie di learning object all’interno del corso aiuta a creare varietà e bilanciamento, evitando la ripetitività e la stasi che possono annoiare rapidamente l’utente e ridurne l’engagement.

Vi sono poi alcuni accorgimenti specifici a seconda dei formati, ad esempio:

  • Non usare le immagini come elementi riempitivi ma sceglierle seguendo un senso specifico; mettere un’immagine per il puro gusto di metterla non solo non aiuta, ma rischia di complicare la comprensione;
  • È meglio evitare i wall of text per non sovraccaricare l’utente preferendo l’audio e affidando al testo solo gli elementi chiave;
  • È buona cosa servirsi dei video, molto efficaci e coinvolgenti; non serve che siano video da Academy Award, è sufficiente che siano curati e rifiniti. Possibilmente anche brevi;
  • Semplificare ovunque è possibile, sempre per non sovraccaricare la fruizione.
microlearning caratteristiche

Simulare contesti per situazioni reali favorisce il learner engagement

La simulazione, che sia animata da meccaniche di gamification o che si sviluppi intorno a uno storytelling accattivante, mantiene un punto di forza che non necessita di aiuti esterni: la sicurezza di agire in un ambiente protetto unito all’opportunità di adottare soluzioni realistiche in situazioni possibili.

L’assenza di responsabilità rispetto a eventuali errori solleva l’utente dalla paura di mettersi in gioco e lo spinge a misurarsi con un proprio personale “oltre” fuori dalla sua zona di comfort, sperimentando, e dunque apprendendo, comportamenti nuovi.

La simulazione, a rigor di logica, costruisce contesti simili a quelli delle performance professionali dell’utente, puntando sulla complicità degli elementi con cui ha maggiore familiarità per le attività che svolge abitualmente. La novità è nel tipo di chiamata all’azione, appositamente plasmata in base agli obiettivi di apprendimento: l’utente deve intervenire, scegliere, rispondere, scoprire.

Per ogni utente la sua leva motivazionale

Parlando di corsi gamificati e/o simulazioni, è importante richiamare alla mente la teoria di Richard Bartle sul legame tra learner engagement e categoria di giocatore di appartenenza.

Secondo Bartle, infatti, ogni utente che venga sollecitato da un contesto di gioco, a livello neuronale tende ad agire secondo i tratti di una di queste quattro macrocategorie:

  • Achiever: gioca per il punteggio, è attratto dalla possibilità di progredire all’interno del gioco e guadagnare punti, fino al conseguimento del risultato finale;
  • Explorer: gioca per conoscere. Il suo principale obiettivo è la scoperta, l’esplorazione di territori, di nuovi livelli.
  • Socializer: gioca per costruire relazioni con i suoi partner di gioco o avversari. Il suo principale obiettivo è il feedback di questi interlocutori;
  • Killer: vuole vincere, senza se e senza ma. Il suo scopo è quello di superare gli ostacoli sconfiggendo ogni avversario. Il suo obiettivo è la mera condizione di vincitore.

Si tratta, ovviamente, di un modello per macroaree, ognuna delle quali andrebbe poi considerata valutando l’apporto di fattori importanti come la creatività. L’intervento creativo dell’utente, infatti, può facilmente farlo sconfinare in una categoria differente da quella che definisce la maggior parte delle sue caratteristiche.

Ciascuna di queste tipologie di giocatore ne definisce le preferenze in termini di esperienza di apprendimento e di aspettative dalla sfida.

Tienilo in considerazione come spunto in fase di creazione e progettazione per migliorare il learner engagement.

Learner engagement: un trucco nascosto

Il trucco definitivo è chiedere l’aiuto di chi ha esperienza in questo campo.
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